venerdì 3 marzo 2023

Febbio, addio sogni di gloria?


La storica stazione sciistica di Febbio 2000, appoggiata ai piedi del Monte Cusna, perla dell’Appennino reggiano, sta vivendo l’ennesimo stop degli impianti. E non per la mancanza di neve (ironia della sorte oggi c’è)o per shock energetico, ma per scelte sbagliate e per individualismi soverchianti. Con la chiusura degli impianti ne risentono anche tutte le attività che vi ruotano attorno. Febbio non può diventare una stazione fantasma.

Si deve intervenire

Una soluzione  va trovata. Al Comune, al Parco Nazionale  e agli imprenditori privati, non rimane che riavvolgere il nastro e ripartire, mettendo da parte individualismi e localismi. Ci vogliono nuove idee e progetti per far diventare Febbio e lo straordinario palcoscenico dell’Alta Val d’Asta, attrattori turistici di qualità.


 Partendo dal presupposto che a causa dei cambiamenti climatici sotto i 2000 praticare lo sci da discesa sarà quasi impossibile e con scarsa redditività (lo sci da discesa non deve comunque morire), bisogna ragionare  sulla diversificazione degli investimenti in ottica green. 

Vale la pena provvedere alla sostenibilità degli impianti di risalita con il fotovoltaico e scommettere sull’outdoor spalmato su quattro stagioni (attività che in realtà già vengono proposte). Il tutto facilitato dalle due seggiovie che peraltro interessano due rifugi.


D’inverno portano in quota sciatori, escursionisti  con le ciaspole, sci-alpinisti e patiti del paesaggio; nella bella stagione servono ai trekker, ai biker e a coloro che hanno difficoltà a camminare, ma che desiderano ammirare panorami mozzafiato e gustare piatti tipici al rifugio Crinale.

Per attrarre i turisti bisogna cambiare paradigma per quanto riguarda l’accoglienza, favorendo l’ospitalità  diffusa, i B&B,  intercettare il turismo in camper con area apposita (avevo presentato un progetto per attrezzare un’area di sosta a Rescadore), riqualificare il camping esistente. Il tutto accompagnato da un piano di marketing turistico con l’aiuto delle nuove tecnologie, coinvolgendo gli influencer (con press tour specifici) e i social.

C’era una volta

C’era una volta… Così iniziano tutte le favole, come quella che racconta di un gigante buono che amava distendersi sui verdeggianti pianori  dell’Appennino reggiano, vegliando sui pascoli e sui paeselli sparsi nella valle. Disteso in posizione supina il gigante non volle più muoversi, si addormentò per sempre e si trasformò in montagna.


E’ la leggenda che avvolge il Monte Cusna (2121 m) regale protagonista del  del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. E lassù, accostata al fianco settentrionale del “Gigante dormiente” sorge la stazione sciistica-turistica di Febbio 2000.

E’ un piccolo mondo dello sci caduto più volte nella polvere, ma la “gens” montanara è tosta, si è rimboccata le maniche cercando di valorizzare al massimo questo prezioso capitale. Da qualche anno o poco più, grazie anche all’entusiasmo e alla professionalità della nuova società La Contessa, la stazione di Febbio 2000, ha vissuto fino al 2021 una felice stagione.


Febbio/Rescadore, una storia infinita

La stazione di Febbio 2000 è nata dal nulla negli anni Sessanta, in località Rescadore, là dove c’erano solo boschi e pecore al pascolo. Il “domaine skiable” è minuscolo,  ma il dislivello di oltre 900 metri delle piste appese al versante nord del Monte Cusna, collocano la stazione sciistica di Febbio tra le aree più interessanti dell’Appennino settentrionale.



 Il primo skilift fu costruito nel 1960, poi la seggiovia “Rescadore” con i sedili in legno (partiva dove oggi ci sono i condomini) e negli anni 70 vennero messi in opera il ripidissimo skilift che saliva alla “Pianelli” e quello che portava alla “Rescadore”. Nel 1978 venne costruita la seggiovia 2000.



 Alla fine degli anni 70, partendo da Minozzo (mio paese natio) andavo a sciare a Febbio, dove utilizzavo la pista “Meruzzo”; poi, dal momento che spesso capitombolavo, facevo fondo disegnando i binari con gli sci,



oppure, attraverso un sentiero tra faggete secolari e saltellanti ruscelli, salivo al rifugio 
"Peschiera Zamboni”, un piccolo angolo di paradiso affacciato su una suggestiva peschiera, composta da tre vasche concentriche.


 

Smantellati i vecchi impianti, le piste attuali sono servite da due seggiovie: la triposto “Fortino-Mardonde” che serve le piacevoli piste  “Rescadore”, “Mardonde” e “Lama Golese”; la biposto 2000 che incontra il cielo a quota 2063 m, punto di partenza di una nera mozzafiato di oltre 2 chilometri, dedicata al “Razzo d’oroGiuliano Razzoli.


La pista 2000

 In zona non mancano i rifugi, il “San Lorenzo” posto a 1500 metri e il “Crinale” situato a 2000 metri, che dispone di una terrazza sulla quale si respira aria purissima e da cui si gode un panorama superbo, chiuso a meridione dalle cime dentellate delle Apuane.



 

La stazione di Febbio è anche dotata di un campo scuola, un baby Park, una pista per bob e slittino e un’area freeride. Buona la presenza di bar, ristoranti- pizzeria, noleggio sci ed è presente anche un albergo (Hotel Sporting da Donà).

Lo sci da discesa non é l’unico sport praticabile: si può fare fondo nell’incantevole scenario di Pian Vallese, oppure si può praticare sci fuori pista e sci alpinismo.


 Architettura rurale

L’Alta Val d’Asta è punteggiata di  piccole frazioni che custodiscono ancora tratti della vita montanara d’un tempo e qualche pregevole segno di vetusta architettura rurale. 

Come Roncopianigi, una piccola borgata situata lungo la strada che sale  a Monteorsaro (la più alta borgata del comune di Villaminozzo) che conserva edifici di rilievo, come le case dei Pigozzi e degli Zambonini. Sulle facciate sono presenti nicchie con piccole sculture zoomorfe o presunte tali. Passeggiando per il paese si possono ammirare portali in arenaria del  XVIII-XIX secolo, vecchi edifici agricoli con pesanti e particolari tetti in lastre di pietra.




Ciaspolar m’è dolce…

La società sportiva “Passi da Gigante” propone varie attività outdoor e turismo eco-sostenibile allo scopo di valorizzare e far conoscere la meravigliosa natura dell’alto Appennino reggiano. Alessandro Malvolti, una delle guide, ha collaborato con un contributo fotografico al mio reportage “Il Gigante in bianco” pubblicato nel 2016 sulla rivista Caravane Camper Granturismo.





 


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