Sono nato lassù tra le pieghe
dell’Appennino reggiano, in quel di Minozzo,
piccolo paese adagiato su una solatia terrazza ai piedi del Monte Prampa e
affacciato su un’ampia valle dominata dalla dantesca Pietra
di Bismantova.
In realtà la casa dove ho
trascorso l’infanzia e parte della gioventù si trova nel “Borgo”,
un pugno di case rannicchiato ai piedi dello sperone roccioso su cui sorgono i
suggestivi resti della “Rocca del
Melocio”. I ricordi sono bellissimi ed è quindi impossibile
spezzare il cordone ombelicale che ci unisce dalla nascita: così ogni tanto ritorno nella casa del “Borgo”
(così come fanno anche mio fratello e una delle mie due sorelle, perché l’altra
ha scelto di abitarci), per ravvivarla e per godere del respiro profumato dei
boschi del dirimpettaio Monte Prampa(1.698
m) e dei silenzi ovattati che circondano il borgo.
Mio padre (che in giovane età, durante la seconda guerra mondiale, aveva combattuto nelle file partigiane nella Brigata Fiamme Verdi con il nome di battaglia Dorando), dopo una vita di lavoro, da pensionato era diventato un appassionato collezionista di cose del passato e aveva riempito la cantina della casa di famiglia, dove da bambino pigiavo l’uva nei tini, di attrezzi legati alla civiltà contadina montanara e di altri oggetti e documenti, originali e introvabili. Mio fratello ha trasformato questo patrimonio di memorie in un piccolo museo delle cose perdute che in particolari occasioni facciamo visitare.
Mio padre (che in giovane età, durante la seconda guerra mondiale, aveva combattuto nelle file partigiane nella Brigata Fiamme Verdi con il nome di battaglia Dorando), dopo una vita di lavoro, da pensionato era diventato un appassionato collezionista di cose del passato e aveva riempito la cantina della casa di famiglia, dove da bambino pigiavo l’uva nei tini, di attrezzi legati alla civiltà contadina montanara e di altri oggetti e documenti, originali e introvabili. Mio fratello ha trasformato questo patrimonio di memorie in un piccolo museo delle cose perdute che in particolari occasioni facciamo visitare.
Il “Borgo”
è la parte più antica di Minozzo
e sorge su un letto di rocce (ofioliti diabasiche) che ancora emergono a ovest del nucleo
abitato. Le caverne site ai piedi delle
rupi più alte, in epoca preistorica fungevano da rifugio. Le case, i fienili e
le stalle del borgo, erano in origine tutte in pietra e con i tetti in lastre d’ardesia. Il
terremoto del 1920 provocò danni
Minozzo con i suoi dintorni offre dunque diverse possibilità per trascorrere un fine settimana o una breve vacanza open air, peccato che manchi una vera offerta per attirare i turisti. Ci hanno provato le Pro loco che si sono succedute dagli anni 70 ad oggi, con l’organizzazione di feste legate alla tradizione, ma per il costante insorgere di difficoltà di vario tipo e la mancanza di sinergia tra pubblico, privato e associazioni, è mancata una vera strategia di promozione turistica del territorio. Non si è preso coscienza che il futuro di un territorio come questo passa attraverso il turismo. Le forme sono diverse, per esempio favorire il turismo in camper che non richiede costose infrastrutture e può essere presente in ogni stagione, mantenendo l’ambiente preservato.
Ora la
parte restaurata della Rocca
è fruibile grazie ai volontari dell’associazione “Amici della Rocca” che accompagnano i turisti sulla parte
sommitale, per visitare gli ambienti riportati alla luce e ammirare dalle mura un
bellissimo panorama. Iniziativa lodevole
che va nella direzione giusta in merito alla promozione turistica.
Maestra Maria Curti, classe 1894 ( era mia nonna e ci ha lasciato a 101 anni
) raccontava: “Che spavento! Ero nel letto, mi era nata una bambina (mia mamma)
da poco. Si sentì un rumore sordo: il terremoto avverte sempre. Disperata,
insieme alla mia mamma che era venuta ad assistermi in occasione del parto,
siamo fuggite all’aperto, tutte due in camicia da notte. Lo spavento era
talmente grande che non ci siamo accorte di lasciare la bambina in camera. Noi
eravamo giù nell’aia e la bambina era in camera da sola. Arrivarono le mie
cognate che erano state a raccogliere legna in campagna e chiesero: ‘E la
bambina?’. ‘Uh, la bambina!’. Salirono a prendermela. Crollò il soffitto della
chiesa, mi pare ci siano stati due morti: un ragazzo che faceva da chierico e
uno più anziano. Restammo fuori casa quasi tre mesi. Ci ritirammo nelle cantine
e nelle stalle. Sembrava che avessero mandato dei soccorsi, ma furono soccorsi
relativi”.
(Dalle memorie tratte dalla rivista Tuttomontagna.)
e durante il secondo conflitto mondiale alcune
abitazioni subirono incendi. Nel dopoguerra, nelle opere di ristrutturazione e
di rifacimento, ebbe il sopravvento l’intonaco con l’idea di rendere più bello
l’aspetto esterno delle case. Per fortuna da un po’ di anni si assiste al
fenomeno inverso, ovvero la rimozione dell’intonaco e il ripristino della
pietra a vista, riconsegnando così al borgo e in parte a Minozzo
l’aspetto di un tempo.
Minozzo, non si può
definire un paese pittoresco, tuttavia, possiede due chicche di assoluto valore
storico: l’antica
pieve (quella di maggior pregio dell’Appennino reggiano) e i suggestivi
ruderi della Rocca,
la cui storia iniziò prima dell’anno Mille. Minozzo,
inoltre, sorge in un contesto di verde davvero ammirevole che trasmette
tranquillità, voglia di relax e stuzzica l’appetito con profumi di sapori
tradizionali.
Il Monte Prampa
è un patrimonio invidiabile di fitti boschi che profumano di funghi
(soprattutto porcini) ed è solcato da innumerevoli mulattiere e sentieri che
portano all’isolato parco di “Stracorada” (lasciato purtroppo in abbandono) e,
camminando, camminando, alla sua cima calva e ventosa. Da lassù la vista che si
apre toglie il fiato: di fronte, a sud, l’immagine dell’immenso crinale del
Monte Cusna (2.120 m - da poco Riserva
Mab Unesco del Parco
Nazionale dell’Appennino Tosco- Emiliano ) a nord, lo
sguardo coglie la sagoma della Pietra di Bismantova e un dolce andirivieni di
bassi crinali che nascondono la zona dei Gessi Triassici e delle Fonti di
Poiano.
Minozzo con i suoi dintorni offre dunque diverse possibilità per trascorrere un fine settimana o una breve vacanza open air, peccato che manchi una vera offerta per attirare i turisti. Ci hanno provato le Pro loco che si sono succedute dagli anni 70 ad oggi, con l’organizzazione di feste legate alla tradizione, ma per il costante insorgere di difficoltà di vario tipo e la mancanza di sinergia tra pubblico, privato e associazioni, è mancata una vera strategia di promozione turistica del territorio. Non si è preso coscienza che il futuro di un territorio come questo passa attraverso il turismo. Le forme sono diverse, per esempio favorire il turismo in camper che non richiede costose infrastrutture e può essere presente in ogni stagione, mantenendo l’ambiente preservato.
Ritorno nuovamente sull’argomento Rocca.
La storia del suo restauro ha avuto risvolti in salsa manzoniana: “s’ha da fare o non s’ha da fare” . In
molti erano per il NO. Giuliano Corsi, medico del paese, ha sudato le
cosiddette sette camicie, muovendo mari e monti affinché si avviasse una approfondita indagine
archeologica e contemporaneamente si procedesse al restauro e messa in
sicurezza della cinta muraria. Sono passati dodici anni dalle prime serie
indagini archeologiche che in più fasi hanno riportato alla luce un patrimonio
storico e architettonico di assoluto valore: vari ambienti, reti idriche e
preziosi reperti. E pensare che nel 1815,
a causa di crolli, la Rocca,
ormai in abbandono poiché la sede del Comune era stata trasferita a Villa, doveva
essere abbattuta. Forse non si è del tutto preso coscienza dell’importanza
storica che ha avuto sull’intero Appennino questa fortezza, che nei secoli XIII
e XIV era imponente, importante e imprendibile.
Come lo è la rievocazione storica andata in scena sabato 22 agosto 2015, organizzata dalla Pro loco di Minozzo in collaborazione
con l’associazione “ Amici della Rocca”,
allo scopo di far conoscere la storia legata a questo storico monumento. Per un giorno Minozzo ha fatto un salto a ritroso nel tempo, esattamente nel 1472 quando il Duca d’Este
Ercole I fece visita al suo importante feudo.
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