giovedì 27 ottobre 2022

L’Appennino reggiano tinto d’autunno

Appennino reggiano, veduta sui Gessi Triassici

I colori della “quinta stagione” hanno il potere di sorprendere e di osservare con occhi diversi il paesaggio, anche quello più vicino. Come nella mia terra, l’Appennino reggiano, quando le cromatiche sfumature dell’autunno lo rendono ancor più affascinante.

Affermava Nietzsche che “l’autunno non è una stagione, ma uno stato d’animo”; che crea emozioni (aggiungo io), libera la mente dai pensieri, ci si rilassa, si sta in osservazione con la macchina fotografica sempre pronta, si va in cerca di profumi e sapori inimitabili. Altro che stagione malinconica della “nebbia agli irti colli…”

Appennino reggiano, foliage

Seguitemi dunque in questo breve viaggio on the road  sull’Appenino reggiano (una delle gemme  del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano), che, partendo da Minozzo raggiunge Ligonchio. Curva dopo curva, percorriamo una sorta di “Grand Corniche”, con poco traffico, piacevole e prodiga di panorami da incorniciare. Non manca l’incontro con piccoli borghi sospesi nel tempo, pieni di sorprese e di attività che vedono al centro  giovani motivati, che hanno deciso di non lasciare la propria terra. 

Partiamo da “Mnòcc”(Minozzo)

La strada che porta a Minozzo (il mio paese natio), provenendo da Villa Minozzo, è la Sp 59 che taglia un paesaggio che in autunno è affrescato da tonalità calde e avvolgenti. L’ondulata scenografia è presidiata dal monolite più famoso d’Emilia, la Pietra di Bismantova, che sarà una costante di questo itinerario.

Appennino reggiano, vista sulla Pietra di Bismantova

Poi, avvicinandoci a Minozzo, la strada inquadra il profilo dell’antica Pieve di Santa Maria Assunta (una delle più belle della provincia di Reggio Emilia)  incorniciata dalla silhouette del Monte Ventasso (1727 m).

Appennino reggiano: la Pieve di Minozzo

La frazione di Minozzo (fino al 1815 fu sede del comune poi passato a Villa), adagiata all’ombra del boscoso Monte Prampa (1698 m) è orgogliosa della sua millenaria Rocca, che nei secoli XIII e XIV era imponente e imprendibile. I suggestivi ruderi restaurati da qualche tempo, sono visitabili, insieme agli interni dell’antica Pieve, con le ragazze dell’associazione Amici della Rocca.

L'antica Rocca di Minozzo

Minozzo: scenografico interno della Pieve

Una peculiare “emergenza” minozzese è la cucina: si gustano montagne di tortelli al Ristorante Due Pini (tel 0522 801203) e trote marinate, salmonate, affumicate e alla brace alla Peschiera del Mulino (334 2680045).

Minozzo: la peschiera del mulino

Curva dopo curva lungo la “Corniche”

Lasciata Minozzo, si continua sulla Sp 59, che ben presto, all’altezza del “Grottone”, diventa panoramica, con affaccio sulla bellezza paesaggistica del territorio: dal Prampa alla valle della Luccola, alla dominante presenza della Pietra di Bismantova.

Superato questo tratto, la strada disegna curve in mezzo ai castagneti (famose le “bionde” castagne di Sologno”) le cui tondeggiati chiome in questo periodo si tingono di giallo-arancio. L’affaccio su Sologno è improvviso e alquanto suggestivo. E’ un borgo di antiche origini il cui colorato abitato si srotola lungo la dorsale del Monte Stretta.

Sologno, pittoresco borgo rurale

La Sp 59 divide in due il paese di Sologno: a destra “La Villa” (la parte più recente con la chiesa parrocchiale; a sinistra il “Castello”, un vero gioiellino di vicoli, sottopassi e case antiche. Sologno è una bella espressione di borgo rurale, dove vive una comunità molto attiva nell’organizzazione di feste tradizionali, come “la festa della castagna e del vino nuovo” appena trascorsa.

Sologno, bella veduta sul monte Ventasso

L’affaccio sulla Valle dei Gessi Triassici

Il viaggio continua con  vedute su un paesaggio dai dolci contrasti. Giunti al bivio per Cerrè Sologno, s’incontra un punto di osservazione che non ha eguali nel territorio dell’Appennino reggiano.

L’immagine che si presenta allo sguardo stupisce e suscita emozioni. Laggiù, infondo alla valle scavata dal Rio Sologno tra i monti Cafaggio e Carrù, brillano le “bianche scogliere” dei Gessi Triassici (candidati Unesco), caratteristici rilievi calcareo-gessosi risalenti a 200 milioni di anni fa.

Appennino reggiano: il panorama sulla valle dei Gessi Triassici

Al centro della scena c’è Lei, la Pietra di Bismantova vera "merveille" paesaggistica e geologica, citata da Dante Alighieri nel IV canto del Purgatorio.

Angoli bucolici

Dopo aver ammirato la bellezza del paesaggio, si riparte in direzione nord-ovest lasciando la Sp59 e percorrendo un tratto dell’altrettanto panoramica Sp 108 che porta, con un suggestivo itinerario, a Castelnuovo ne’ Monti.

Giunti a Carù, minuscolo borgo abitato da una ventina di persone, si imbocca la strada comunale che “zigzaga” tra paesaggi agresti pennellati dalle calde sfumature autunnali. 

Appennino reggiano: la Pietra di Bismantova

Procedendo sulla tranquilla rotabile non manca di sfiorare romite borgate, come la Gacciola (qui vale una sosta l’Azienda Agricola la Gacciola, per ammirare le numerose capre e acquistare ottimo formaggio).


Poi si sfiora Castellaro, affacciato sulla valle del Secchia. Sul belvedere c’è anche una rustica panchina, una “little bench”.

Gli ultimi e panoramici tornanti della strada portano al paese di Cerrè Sologno, che si attraversa per riprendere la Sp 59 in direzione di Ligonchio.

Pietra di Bismantova, vista da Cerrè Sologno

Angoli di meraviglia

Passati accanto a ciò che resta “Sapoteka”, la mitica discoteca degli anni 80 la strada si fa solitaria e dopo un’ampia curva (con slargo per la sosta per ammirare un panorama grandioso), vira a sud offrendo scorci da cartolina sull’alta valle del Secchia, dominata dai monti Nuda (1.893 m), Alpe di Succiso (2.017 m), Casarola (1.979 m) e Ventasso (1.727 m).

Appennino reggiano: il borgo di Primaore

Il primo paese che s’incontra (sulla dx) lungo il percorso è il pittoresco borgo di Primaore, con le case addossate le une alle altre e protese sulla valle. Un “village perché” lo chiamerebbero i francesi.

Si prosegue lungo la dinoccolata Sp 59 che continua ad offrire affacci sulla valle dell’Ozola e sui crinali delle montagne che prospettano su Ligonchio. Si passa per Piolo,  per Ca’ Bracchi, dove consigliamo la sosta al Bar Ristorante “Molino Vecchio” per assaggiare il mitico tagliere di salumi e formaggi e infine si arriva all'Ozola.

Appennino reggiano: la gola dell'Ozola

L’Ozola è una fenditura magica e selvaggia, una profonda gola simile a un canyon. Nel tempo è stata la forza dell’acqua dell’omonimo torrente a forgiare strette forre e spettacolari orridi.

Nel nido dell’aquila…

Attraversato il ponte sull'Ozola con una serie di tornanti (Sp18) si sale a Ligonchio (1000 m di altitudine). 

Nata nel solitario borgo di Vaglie, Iva Zanicchi (l’aquila di Ligonchio), in gioventù ha passato molto tempo a Ligonchio. Il borgo è tra i più caratteristici dell’Appennino reggiano, con scorci architettonici di pregio, come architravi e portali risalenti al XVII secolo.

Ligonchio

Il paese di Ligonchio è soprattutto noto per la presenza della centrale idrolettrica (splendido esempio di architettura liberty), che “pompa” energia nella rete da oltre 100 anni. Ci lavoravano molti operai (tra questi il padre di Iva), ma con l’avvento degli automatismi nella conduzione, i dipendenti sono ridotti al lumicino. 

La centrale idroelettrica di Ligonchio

Il consiglio: il Rifugio dell’Aquila, Via del Lago, tel 0522 895011;  bellissima location, hotel con strutture in legno, area welness e, naturalmente, il ristorante con terrazza panoramica verso la valle dell’Ozola. Il Rifugio è anche Centro Visita del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano .

Questo breve viaggio in luoghi dal sapore autentico termina qui, "ma non si torna come si è partiti: l’arricchimento personale è garantito".


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