Tutto quello che non sapete su
Matilde di Canossa
(Federica Soncini)
Sappiamo che era donna piissima e rossa di capelli, come il padre Bonifacio, Marchese di Toscana, e che aveva una
bella dentatura... Dei “rossi” si sa, non bisognava fidarsi troppo,
ricordiamoci il detto popolare di “non dare mai la spada ad un rosso”...e non a
caso la nostra Matilde (il cui nome è di origine tedesca e significa forte/fiera
in battaglia) uscirà addirittura in combattimento con i suoi soldati e
sgominerà nel 1092 le truppe del cugino ed Imperatore di Germania Enrico IV
.
Figlia di Bonifacio e di Beatrice di Lorena, erediterà dal
padre la grande forza e belligeranza, mentre dalla madre, ladevozione e la
religiosità. Matilde era poi talmente scaltra, che durante gli
assedi del castello di Canossa, si narra, solesse mandare una "vacca
grassa" fuori dalle mura affinché i soldati nemici capissero che il
castello sotto assedio poteva resistere a lungo per le scorte di cibo a
disposizione.
Un'altra leggenda narra che fosse più astuta del diavolo stesso, e
che riuscisse ad imprigionarlo in una piccola fialetta e ad ottenere da lui la
promessa che, se fosse stato liberato, gli avrebbe reso inespugnabile Canossa
per sempre. E così il diavolo creò il castello in una sola notte, su un pendio
impervio, scosceso e inacessibile e, con una sola zampata dei suoi acuminati
artigli, graffiò a tal punto la roccia da creare i calanchi, montagne d'argilla
denominate appunto "artigli del diavolo". Per la loro inagibilità
risultava impossibile al nemico piantare in quei luoghi un accampamento per
assediare il maniero.
Da fonti
storiche invece, sappiamo che Matilde fu la
prima ad istituire, sulla riva dei fiumi Po' e Lirone (importantissime vie di
comunicazione a quei tempi e parte dei suoi possedimenti) una vera e propria
“ronda” di polizia per proteggere le rive dai predoni. La Grancontessa era donna piissima, certo,
ma anche “domina” combattiva e fiera, dotata di un grande potere, ereditato in
giovane età, dopo la morte del fratello e della sorella, avvelenati in una
congiura di palazzo.
E che dire
della sua firma, rintracciata in antichissimi documenti d'archivio, tratta da
un motto di San Paolo apostolo e
contrassegnata da una croce: “Matilda Dei gratia si 'qui est”: “Matilde che se
è qualcosa,lo è per grazia di Dio,” ; atto di grande devozione e religiosità ma
attenzione, anche grande affermazione di potere personale se pensiamo che il
Medioevo era un'epoca in cui il potere era prevalentemente maschile. Matilde, dunque, utilizzò proprio la croce,
contrassegno dei Papi, degli Imperatori e dello stesso Carlo Magno.
Jaques le Goff non a caso, indicherà Matilde come "antesignana del femminismo". Questa sua determinazione e grande capacità di dominare e regnare incontrastata sui suoi possedimenti non le impedirono di avere un animo fortemente religioso: anzi, le cronache affermano che il suo più grande desiderio in realtà, fosse quello di ritirarsi a vita privata nel monastero di San Benedetto Po . Qui, in realtà,trascorse l'infanzia con la madre Beatrice e il nonno Tedaldo (fondatore del monastero di Polirone) e qui decise di terminare i suoi giorni. Le sue spoglie rimasero nel monastero di Polirone fino al Seicento, la sua salma venne venduta e in seguito traslata in Vaticano dove riposa nell'aula di San Pietro.
Sulla religiosità di Matilde vige la
“leggenda delle cento chiese” che la volle protagonista di una richiesta molto particolare al suo grande alleato papa Gregorio VII, ovvero la possibilità di officiare la Messa.S i narra che il
Papa glielo concesse, ma dietro al patto che costruisse cento chiese e 100
ostelli/ospizi per i poveri. La leggenda vuole che riuscì a costruirne solo novantanove e così non realizzò il suo sogno di diventare Papessa.
La ricordiamo però, come la “Regina del Melograno”, raffigurata in molti dipinti postumi con questo frutto in mano, che simboleggia la chiesa unita che lei protegge, mentre i semi di questo frutto rappresentano i cristiani uniti sotto madre Chiesa. Il Melograno è anche simbolo di fertilità, passione e prosperità e si ricollega al mito di Proserpina ed al mondo dell'aldilà, oltre ad essere l'albero della vita nella tradizione ebraica. Non deve quindi meravigliare che una così grande personalità dotata di cultura, fascino e carisma ad un certo momento, sia stata prescelta dalla storia quale mediatrice tra il Papa Gregorio VII e l'Imperatore Enrico IV, nella lotta per le investiture. E' da tutti conosciuto che nel lontano gennaio 1077 a Canossa, si svolse la più grande scena madre della storia medioevale di un re scomunicato che, per riprendere il potere, chiese perdono.
Oggi andare a Canossa non é più un atto di contrizione ma un modo per scoprire un suggestivo angolo del basso Appennino reggiano, seguendo il filo della storia, godendo della bucolica bellezza del paesaggio collinare e assaporando le peculiari delizie gastronomiche del territorio, come il parmigiano reggiano, l’aceto balsamico e il culatello di Canossa.
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