domenica 8 ottobre 2023

Vajont: 60 anni dopo il disastro

Lunedì 9 ottobre in 135 teatri italiani e in molte piazze  andrà in scena lo spettacolo di Marco Paolini che ricorda la catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963.

 Il progetto ideato da Marco Paolini  (drammaturgo, regista, attore) e  Gabriele Vacis, dal titolo VajontS23 racconta ciò che accaduto la notte del 9 ottobre 1963 nella valle del Vajont, ma anche richiamare di tutti contro la sottovalutazione delle emergenze ambientali. Simbolicamente ci sarà un attimo di raccoglimento alle ore 22,39, l'ora in cui una parte del del Monte Toc precipitò nel bacino della diga del Vajont.



Cronaca di un disastro annunciato 

irresponsabilità e inadempienze gravissime, al punto che, in proposito, il geologo Giorgio Dal Piaz in risposta a una nota dell’ing. Carlo Semenza così affermava:

 

…già il vecchio progetto mi pareva audace; questo nuovo mi fa tremare le vene e i polsi!...”

 


E’ casca’ la diga!” urlano gli abitanti, ma è un urlo che si è spento per sempre alle 22,39 del 9 ottobre 1963: distruzione totale e quasi 2000 morti.

“Quella del 9 ottobre 1963 era una sera come tante altre a  Erto, Casso, San Martino e Pineda posti attorno al lago artificiale, e a Longarone a valle della diga, gli abitanti erano in casa per la cena, o al bar a giocare a carte o per fare quattro chiacchiere.

Ai pericolosi  brontolii del monte "Toc" la gente tendeva l’orecchio, sentiva il pericolo ma ormai c’era abituata. Una sera come tutte le altre, almeno fino alle ore 22,39 quando un’immane fetta ( 260 milioni di metri cubi di roccia) del Monte "Toc" è precipitata con un boato sinistro  nelle sottostanti acque del lago.

La notte era illuminata dai lampi di luce causati dall’abbattimento dei tralicci della corrente elettrica. La smisurata frana aveva provocato l’innalzamento dell’acqua che con velocità pazzesca ha spazzolato le sponde del lago cancellando per sempre i paesi di San Martino, La Spessa, Pineda, uccidendo persone e animali.

La furia dell’acqua (che nel frattempo aveva perso forza) e la pioggia di macigni era arrivata anche alle prime case di Erto e di Casso (sull’altra sponda del lago) dove si sono infranti i vetri e sono crollate alcune pareti. Le case dei due borghi hanno in sostanze retto e la morte in parte ha risparmiato gli abitanti.

Uno scorcio di Erto

L’onda, dopo aver causato una immane tragedia e modificato la morfologia dei luoghi, si era ritirata veloce verso la diga, distruggendo il cantiere degli operai e con un fronte alto 200 metri aveva scavalcato l’orlo della diga, che ha resistito all’impatto, ma nulla ha potuto alla forza dell’acqua che è precipitata nel profondo burrone a 100 km all’ora verso Longarone.

Alle 22,40 del 9 ottobre nel paese in riva al Piave era arrivata l’apocalisse, con vento fortissimo, incredibili spostamenti d’aria, macigni scagliati come proiettili e con un muro  d’acqua alto 70 metri". Catastrofe immane e paese cancellato.


La frana che si era staccata dal monte Toc aveva dimensioni gigantesche.
E’ come se su una superficie vasta come 2000 campi da calcio, si fosse riversato uno strato di materiale alto 2,5 volte il campanile di San Marco.

Tale massa se venisse asportata da 100 camion, calerebbe di 1 mm al giorno: a tali ritmi, per rimuoverla, occorrerebbero ben 7 secoli! (da pannelli informativi del Parco Naturale Dolomiti Friulane).


All'epoca della sua costruzione quella del Vajont era la diga più alta al mondo


Il Vajont sul web

www.sopravvissutivajont.org 

PAROLE, 11 ottobre 1963

“Ecco la valle della sciagura: fango, silenzio, solitudine e capire subito che tutto ciò è definitivo; più niente da fare o da dire. La natura non è buona e non è cattiva, ma indifferente. E ci vogliono queste sciagure per capirlo!... Non uno di noi moscerini vivo, se davvero la natura si decidesse a muovere guerra...”.(Giorgio Bocca, 11 ottobre 1963)

 

“...E il monte che si e' rotto e ha fatto lo sterminio è uno dei monti della mia vita il cui profilo è impresso nel mio animo e mi rimarrà per sempre…”(Dino Buzzati, 11 ottobre 1963)

 


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