lunedì 2 maggio 2016

Il Gesù di Auschwitz



La  graziosa chiesa di legno del villaggio di Koscielisko, ai piedi dei monti Tatra (110 km da Cracovia ), custodisce una peculiare immagine della Crocefissione dal forte impatto emotivo; è stata dipinta nel lager di Auschwitz da un anonimo prigioniero italiano. La storia è commovente e qui la racconto. Koscielisko è una delle tappe del viaggio alla scoperta della meravigliosa regione della Malopolska (Piccola Polonia) che ho recentemente descritto sulla pagine della rivista Caravan e Camper Granturismo.
 Lasciata Cracovia, città che ci ha incantato per le sue sorprendenti bellezze, ci siamo diretti a sud attraverso un placido territorio punteggiato di  verdi colline, cui fanno da sfondo le creste dei monti Tatra, ammantate di neve fino alla tarda primavera. Giunti a Nowy Targ, per raggiungere il villaggio di Koscielisko, anziché prendere la strada  diretta (la n 47) per Zakopane, abbiamo seguito (su consiglio della nostra guida Stanislav Apostol) strade secondarie che, tuttavia, non hanno fatto mancare i motivi d’interesse. A cominciare dallo scenografico Santuario della Madonna di  Ludzimierz, uno dei tanti legato a Karol Wojtyla e proseguendo con il villaggio di Chocholow, pittoresco e tutto di legno che pare uscito da un libro di favole. La regione a ridosso dei Tatra è stata sempre ricca di legname (abeti rossi, larici e faggi) che evidentemente costituiva  il materiale edile fondamentale anche per la sua facile lavorazione. Nelle terre della Malopolska quindi sono sorti pittoreschi edifici rurali, ville signorili e incantevoli chiese di legno che rappresentano un’eredità di gran pregio (alcuni sono patrimonio UNESCO) alla quale è stato dedicato un peculiare itinerario lungo 1500 km.



Nella Basilica di  Ludzimierz si trova la statua di una Madonna a cui sono attribuiti molti miracoli  e dove  nel 1963 in occasione della incoronazione della statua,  Karol Wojtyla, non ancora  arcivescovo di Cracovia fu  protagonista di un fatto singolare, a cui  viene attribuito un valore simbolico  per il successivo pontificato; durante la processione, prese al volo lo scettro della Madonna che era uscito dalla mano della statua e  stava  cadendo a terra.  
 Chocholow è un  luogo molto importante per la storia polacca e per essere stato teatro di eccidi ed episodi di patriottismo legati all’insurrezione del 1846. Gli eventi vengono ricordati con suggestive rievocazioni storiche, dove tra gli attori protagonisti c’è il nostro amico Stanislav Apostol (geologo, alpinista, guida turistica).







Dopo Chocholow, proseguendo sulla 958, il paesaggio si fa alpino, tra boschi di abete rosso e larice, tra prati costellati di graziose baite e  con le cime dei Tatra sempre più incombenti. E’ il preludio al territorio turistico di Zakopane. Otto chilometri prima della “Cortina di Polonia”, ci siamo fermati nel villaggio di Koscielisko dove, tra linde casette, emerge la lignea silhouette dell’ottocentesca chiesa dedicata a S. Casimiro  (nel 500 la Polonia era la più grande potenza europea e  il figlio del Re Stanislao fu appunto San Casimiro, patrono  della Polonia). L’interno della chiesa è stupefacente: pareti, soffitto, decorazioni, intarsi e persino i lampadari, tutto rigorosamente di legno. Nella cappella di sinistra cattura lo sguardo il dipinto del “Gesù di Auschwitz  che con grande forza espressiva, parla e comunica più di qualsiasi parola. 

L’autore, rimasto sconosciuto nonostante le ricerche, lo aveva dipinto su una tavola del suo giaciglio nel famigerato lager di Auschwitz , definito da Giovanni Paolo II  il “Golgotha dei nostri tempi”. Un sopravissuto che lo ha conosciuto, ha raccontato che l’artista italiano comperava i colori dai deportati in cambio del pane e poi di notte, di nascosto, dipingeva il suo Cristo. L’immagine rappresentata, sapendo da chi e dove è stata dipinta, è impressionante: il Cristo, fasciato da un brandello di stoffa che ricorda l’ uniforme a strisce dei deportati, impersona la sofferenza in modo incredibile, amplificata dallo sfondo che raffigura il lugubre paesaggio del campo di concentramento con il filo spinato e gli orridi camini delle camere a gas. In alto sulla croce campeggiano una “P” (prigioniero politico) e un numero: 25.000.000 (forse era l’idea che il pittore aveva dei morti di Auschwitz), mentre sull’aureola che cinge il capo del Cristo si leggono le parole in aramaico “ Elì, Elì, lamà sbactàni”che pronunciò sul Calvario alle tre del pomeriggio (Vangelo secondo Matteo). 

 Alla morte del prigioniero pittore, i suoi compagni nascosero il quadro sotto il pavimento. Poco prima della liberazione di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, i nazisti trasferirono quasi tutti i prigionieri (anche i compagni dell’artista) in altri campi; ad Auschwitz rimasero solo i deportati malati e, tra questi, il sacerdote polacco Adam Ziemba, che ritrovò il quadro. A guerra finita, al sacerdote fu assegnata proprio la  parrocchia di Koscielisko e, così, nella chiesa di S. Casimiro collocò il dipinto, dove si trova tuttora a imperitura memoria.


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1 commento:

  1. M’accompagni sulle cime e traverso le vallate, di cappana in cappana… Il camminatore dei Monti Tatra – ne rendo sicura e limpida la visione, ne accresco l’ardore, ne riscaldo lo spirito… Del resto ha scritto gia l’Osvaldo.
    Ci vediamo sui Tatra!
    Stanislaw Apostol (guida alpina, geologo, raccontatore)

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