mercoledì 26 febbraio 2020

Remember Vancouver 2010: “un Razzo d’oro”


Alle ore 15 circa (ora canadese) di sabato 27 febbraio dell’anno domini 2010, un lampo, anzi un “Razzo” aveva illuminato la grigia giornata di Whistler Creekside (a Vancouver). Giuliano Razzoli stava volando verso la conquista della medaglia d’oro nella gara di slalom speciale ai giochi Olimpici invernali.



Nell’ultimo giorno di gare olimpiche, nel 2010 a Vancouver, il 25enne dell’Appennino reggiano, dal fisico possente e dalla faccia dolce e solare, con un acuto strepitoso aveva salvato l’onore dello sci azzurro nella deludente spedizione canadese.


Medaglia d’oro strameritata, conquistata ventidue anni dopo quella vinta da Alberto Tomba a Calgary.  Era ora!!
Fino ai giorni nostri (e siamo nel 2025) nessun altro atleta italiano ha vinto l’oro in slalom speciale alle Olimpiadi invernali.


La gara

Già in testa nella prima manche con una sciata compatta, solida e soprattutto velocissima, nel secondo run (con un vantaggio di 43 centesimi), Giuliano Razzoli aveva compiuto un capolavoro perfetto, lasciando senza fiato gli spettatori, i suoi fan e i familiari giunti in Canada dalla lontana borgata di Razzolo, paese natio del campione.





Le prime parole del "Razzo" rilasciate alla stampa: Sono felice per il mio paese che da molto tempo aspettava una medaglia, per questa gara ho lavorato e mi sono allenato molto, la sentivo e ora sono qui con una medaglia d’oro. Incredibile quello che ho fatto”.


Alberto Tomba, che prima della gara aveva suggerito al Razzo di tenere gli occhi aperti e di essere “veloce e feroce”, emozionatissimo aveva cinto l’atleta reggiano con un poderoso abbraccio. “Ti avevo detto di prendertela comoda nella prima manche per poi attaccare nella seconda”, gli aveva detto scherzosamente. 
Razzoli aveva risposto tra le lacrime di gioia: “lo so, lo so ma non potevo fermarmi”.



27 febbraio 2010, Ore 23,30 a Villaminozzo, 8.700 km da Vancouver
La piazza del paese era stracolma di gente con lo sguardo incollato al maxischermo. Poi, un boato da stadio aveva accolto l’uscita del loro idolo dall’ultimo paletto. 
 Scenografico lo sventolio di bandiere, le gigantografie di Razzo in azione appesi ai muri delle case, i gruppi musicali improvvisati, il palco con le autorità e il gruppo degli irriducibili fan (più di 500) tutti con la giacca a vento con il simbolo del Razzo. Incontebile la gioia.



In questa colorita kermesse non poteva mancare il richiamo culinario preparato dal Razzo Fan Club  e coordinato da mamma Tiziana (il papà Antonio era a Vancouver) con pastasciutta, parmigiano reggiano e Lambrusco. 
Poi la festa era continuata per tutta la notte con balli e canti,  mentre le campane dell’antica pieve di Minozzo, della cui parrocchia Razzolo fa parte, avevano suonato a festa.

DAL LIBRO  “Vai Razzo veloce e feroce”
quando ho superato la linea del traguardo, ho guardato subito verso la tribuna in direzione del mio fan club, come faccio quasi sempre, e ho capito che doveva essere andata abbastanza bene, perché esultavano. Vai però a capire per quale posizione in classifica stavano applaudendo, urlando e sbracciandosi? Poteva anche essere per un secondo o un terzo posto. O perché ero arrivato al traguardo tutto intero… allora mi sono girato verso il tabellone e ho visto il mio nome davanti a quello di tutti gli altri e… è stato semplicemente incredibile!





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