Alle
ore 15 circa (ora canadese) di sabato 27 febbraio dell’anno domini 2010, un
lampo, anzi un “Razzo” aveva illuminato la grigia giornata di Whistler
Creekside (a Vancouver). Giuliano Razzoli stava volando
verso la conquista della medaglia d’oro nella gara di slalom speciale ai giochi Olimpici invernali.
Nell’ultimo giorno di gare olimpiche, il
25enne dell’Appennino reggiano, dal fisico possente e dalla faccia dolce e
solare, con un acuto strepitoso aveva salvato l’onore dello sci azzurro nella
deludente spedizione canadese.
Medaglia d’oro strameritata, conquistata
ventidue anni dopo quella vinta da Alberto
Tomba a Calgary. Era ora!!
Fino ai giorni nostri nessun altro atleta
ha vinto l’oro in slalom speciale alle Olimpiadi invernali.
La gara
Già in testa nella prima manche con una
sciata compatta, solida e soprattutto velocissima, nel secondo run (con un
vantaggio di 43 centesimi), Giuliano
Razzoli aveva compiuto un capolavoro perfetto, lasciando senza fiato gli
spettatori, i suoi fan e i familiari giunti in Canada dalla lontana borgata di Razzolo, paese natio del campione.
DAL
LIBRO “Vai Razzo veloce e feroce”
… quando ho superato la linea del traguardo,
ho guardato subito verso la tribuna in direzione del mio fan club, come faccio
quasi sempre, e ho capito che doveva essere andata abbastanza bene, perché
esultavano. Vai però a capire per quale posizione in classifica stavano
applaudendo, urlando e sbracciandosi? Poteva anche essere per un secondo o un
terzo posto. O perché ero arrivato al traguardo tutto intero… allora mi sono
girato verso il tabellone e ho visto il mio nome davanti a quello di tutti gli
altri e… è stato semplicemente
incredibile!
Le prime parole di Razzoli rilasciate alla stampa:…
sono felice per il mio paese che da molto tempo aspettava una medaglia, per questa gara ho lavorato e mi sono
allenato molto, la sentivo e ora sono qui con una medaglia d’oro. Incredibile
quello che ho fatto”.
Alberto
Tomba,
che prima della gara aveva suggerito al Razzo
di tenere gli occhi aperti e di essere “veloce e feroce”, emozionatissimo aveva
cinto l’atleta reggiano con un poderoso abbraccio. “Ti avevo detto di prendertela comoda nella prima manche per poi
attaccare nella seconda”, gli aveva detto scherzosamente. Razzoli aveva risposto tra le lacrime di gioia: “lo so, lo so ma non potevo fermarmi”.
27 febbraio 2010, Ore 23,30 a
Villaminozzo, 8.700 km da Vancouver
La piazza del paese era stracolma di gente con lo sguardo incollato al maxischermo.
Poi, un boato da stadio aveva accolto l’uscita del loro idolo dall’ultimo
paletto.
Incontenibile la gioia, scenografico lo
sventolio di bandiere, le gigantografie di Razzo in azione appesi ai muri delle
case, i gruppi musicali improvvisati, il palco con le autorità e il gruppo
degli irriducibili fan (più di 500) tutti con la giacca a vento con il simbolo
del Razzo.
In questa colorita kermesse non poteva
mancare il richiamo culinario preparato
dal Razzo Fan Club e coordinato da mamma Tiziana (il papà Antonio era a Vancouver) con
pastasciutta, parmigiano reggiano e lambrusco.
Il sindaco di Villaminozzo di allora, Luigi Fiocchi,
aveva detto commosso: “Un’immensa
soddisfazione per il ragazzo, per la famiglia ma anche una vittoria per questo
angolo di Appennino, bello da vedere e da godere e abitato da gente orgogliosa
e tenace, ma spesso lasciata nel dimenticatoio”.
Poi la festa era continuata per tutta la
notte con balli e canti, mentre le
campane dell’antica pieve di Minozzo, della cui parrocchia Razzolo fa parte, avevano
suonato a festa.
Sono passati 10 anni da quella
straordinaria vittoria di Vancouver e la vita sportiva del campione è andata
avanti tra gioie e insuccessi, infortuni e problemi tecnici. Ma il Razzo, a 35
anni, è ancora lì che si allena e gareggia con caparbietà e costanza. Ha
rischiato di finire nell’oblio ma è riuscito a rientrare nei primi 30.
“ Amo questo sport e posso dare ancora
tanto”: parola del Razzo.
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