Percorrendo la strada di Alemagna in direzione del Cadore, all’altezza della nuova Longarone, guardando sulla destra tra le pieghe dei monti è ben visibile “quel foglio di cemento tra due costoni di roccia” (come racconta lo scrittore-alpinista Mauro Corona).
E’ la diga
del Vajont
che dall’inizio degli anni 60 chiude un selvaggio e profondo burrone ed é
tristemente nota per la terribile tragedia del 9 ottobre 1963. In verità la diga non era caduta, aveva retto, e
regge ancora: ora é un monumento alla
memoria e un’attrazione turistica raggiungibile da Longarone percorrendo la
spettacolare strada di Montereale. I flash sulla diga sono frequenti e
mozzafiato, poi la strada fiancheggia l’orlo della diga e giunge al cospetto
dell’immensa frana che ostruisce una parte della valle del Vajont. Poco più
avanti, s’incontra la chiesetta commemorativa a forma di onda, dove è presente
anche il centro visite del Parco Naturale Dolomiti Friulane .
Erto (che insieme a Casso è uno dei borghi della memoria, il paese raccontato nel libro "I fantasmi di pietra" di Mauro Corona (eclettico scrittore-scultore-alpinista) a due passi. Nel cuore del paese tra "vetuste case una attaccata all'altra", l'osteria del Gallo Cedrone (si gustano squisiti piatti tipici) é un luogo della memoria, dove ritagli di giornali dell'epoca tappezzano le pareti e nei racconti degli avventori di una certa età é ancora vivo il turbamento. A Erto, nella sede delle ex scuole elementari, é stato allestito un importante punto di documentazione sul disastro del Vajont.
Rispetto a Erto, il paese di Casso si trova in posizione più elevata e nella parte vecchia, molte case (tra esse figurano interessanti esempi di case torri) sono state abbandonate. Dopo il disastro del 9 ottobre 1963, gli abitanti dei due paesi si sono trasferiti nel nuovo paese dal nome significativo, Vajont appunto, costruito nella pianura pordenonese.
Intorno a Erto e Casso una fitta rete di sentieri porta alla scoperta delle incantevoli
montagne della zona. E se si doppia il passo di Sant’Osvaldo, per la strada di Monteleone, si approda
nell’affascinante paesaggio della Valcellina.
Il lago di Barcis
Al passo di Sant’Osvaldo a fianco di una
chiesetta dedicata al santo, c’è un ceppo d’albero sul quale sono ancora ben
visibili i tratti del volto di Gesù sofferente, scolpito da Mauro Corona. La perla della Valcellina è il lago di Barcis (creato nel 1954 come bacino idroelettrico) dall’acqua
turchese e circondato da boschi e da uno sfondo di bellissime cime. Lungo le
rive del lago ci si può rilassare camminando o pedalando totalmente immersi
nella natura e poi raggiungere il paese
di Barcis che possiede un piacevole lungolago e architetture interessanti nel centro storico.
La spettacolare Forra del Cellina
La Riserva
Naturale Forra del Cellina, tutela e preserva il territorio del
selvaggio canyon scavato in milioni di anni dal fiume. Lungo questo tormentato
solco s’infila la vecchia strada della Valcellina,
che fu costruita per poter raggiungere i cantieri della centrale
idroelettrica. Il percorso, con ponti e gallerie, si snoda in un paesaggio
“dantesco” ora recuperato a fini turistici e da percorrere in bici o a piedi ad
orari prestabiliti. La galleria d’accesso si trova a Ponte Antoi, dove c’è il centro visita della Riserva.
L’esplorazione della Forra del Cellina si
può fare anche con un trenino turistico. I vagoncini rosso fuoco s’addentrano
fra le rocce a strapiombo e scorci spettacolari di uno dei più scenografici
canyon italiani. Il trenino, di proprietà della Comunità Montana, ha il capolinea è a Ponte Antoi e oltre al
percorso della forra ne compie uno più lungo che raggiunge il magico borgo di
Andreis, che ospita un centro di recupero dell’avifauna ferita.
Il trenino turistico è in funzione dal 30 maggio al 19 luglio e dal 31 agosto
al 4 ottobre, con quattro corse di
mattina e altrettante di pomeriggio, nei giorni festivi e prefestivi; dal 20 luglio al 30 agosto
tutti i giorni. Il costo varia da 3 € a 6.50 € a seconda
del percorso.
Per
informazioni : Dolomiti Friulane
Ufficio
Stampa: Studio Agorà -
Marina Tagliaferri
Sentiero del Dint
Partendo sempre da Ponte Antoi questa è una
della tante escursioni a piedi che si possono fare in questo territorio. Il
sentiero attraversa una faggeta carica di fascino arcaico, quindi raggiunge un
primo belvedere affacciato sulla forra del Cellina. Per arrivare al secondo
belvedere il sentiero compie una serie di saliscendi fra emergenze
naturalistiche (segnate da cartelli) di grande interesse. Il terzo belvedere è
il punto di arrivo del sentiero e la fatica è ripagata da un panorama
mozzafiato. Il
rientro a Ponte Antoi si effettua per lo stesso percorso dell’andata oppure
seguendo la strada asfaltata che arriva alla forcella Dint.
I più coraggiosi possono affrontare il ponte
tibetano che scavalca la forra del Cellina, un’emozione unica vedere il nastro
color smeraldo del Cellina in fondo al canyon.
Nessun commento:
Posta un commento