Nella
raffinata città di Maria Luigia,
l’eredità gastronomica è preziosa quanto quella artistica e culturale. “il
senso del gusto” è sublimato da anolini e tortelli e dalla magica e inimitabile
triade composta di parmigiano, prosciutto
e culatello.
Sedersi a tavola a Parma, che in inverno si
fa romantica come una capitale del nord Europa, non c’è che l’imbarazzo della
scelta e visto che è anche la città di Giuseppe Verdi,
quale miglior (e gustosa) soluzione se non quella di scegliere il ristorante la
“Corale di Verdi”, collocato nella sede
dell’omonima associazione, un’importante punto per l’attività culturale della
città di Parma. Questo “covo verdiano” della cucina si trova
in vicolo Asdente in Borgo Tanzi (nell’Oltretorrente), accanto al magnifico Parco Ducale e alla casa natale di Arturo Toscanini.
Ospitato
in un antico palazzo che ai tempi di Maria
Luigia era utilizzato come stalla, il ristorante “Corale di Verdi” accoglie i
clienti in un ampio salone (può ospitare 200 persone), con arredi retrò e con
un piccolo palco per spettacoli e musiche verdiane. Il padrone di casa è lo
chef Sante Ferro che, insieme alla
moglie Luciana, seduce parmigiani e
turisti con i piatti tipici della tradizione e con un ricco carrello dei
bolliti. Sante è il mago del bollito
e quando lo presenta ai tavoli nelle sue fumanti e gustose varietà,
accompagnate da stuzzicanti salse, il
suo volto si illumina come il cielo di Antonio
Allegri (il Correggio) nel duomo di Parma. Il
segreto di Sante sta nella passione
per questo tipo di pietanza maturata in anni di esperienza da garzone di
trattoria nella terra dei bolliti per eccellenza, il Piemonte.
Alla
“Corale di Verdi” gli antipasti sono
musica, specialmente se in tavola sono proposti prosciutto, torta fritta e culatello; questo é un
salume il cui nome evoca ambigue assonanze ma che è un campione di dolcezza e
morbidezza che delizia il palato. Un noto gastronomo qualche tempo fa si
azzardò ad affermare che una coppa ben stagionata (quella piacentina) è meglio
del culatello. Figuriamoci!
Tra
i primi piatti si va dagli anolini in brodo ai tortelli gonfi di erbette o di
zucca e al risotto alla Giuseppe Verdi.
Per i secondi, come già detto il must sono i bolliti. Il tutto da accompagnare
con lambrusco doc, quello delle Terre Verdiane che sull’etichetta riporta una
significativa frase di Curzio Malaparte: “la
musica di Verdi è colma di lambrusco fino all’orlo”. E per finire in
dolcezza c’è da scegliere tra le varietà della casa.
A come
anolini
Come per la musica, ci vuole prima di tutto
passione: si devono dedicare almeno dieci ore alla cottura di uno degli ingredienti
base degli “anolini”, un primo piatto di pasta ripiena in brodo di antiche
tradizioni che soprattutto a Natale e a Pasqua e durante tutto il periodo
invernale è presente sulla tavola dei veri parmigiani. Ecco i tre elementi
essenziali per il rito di preparazione: stracotto
di manzo, brodo di manzo o di
cappone e sfoglia fresca all’uovo,
quella tirata a mano con il tavolo che cigola sotto la pressione del
matterello. La cottura dello stracotto, lunga e dolce, deve produrre un sugo
denso con la carne ridotta a brandelli; a questo punto due sono le modalità di
preparazione del ripieno: di carne o di magro. La tradizione o forse di più la
ristrettezza economica voleva che nelle famiglie “povere” si usasse per il
ripieno detto “di magro”, la maggior parte del sugo con l’aggiunta di uova,
parmigiano, pane grattugiato, noce moscata mentre la carne dello stracotto, era
utilizzata, con il resto del sugo, per un altro pasto. Nelle famiglie più
ricche anche la carne faceva parte del ripieno con l’aggiunta degli altri
ingredienti. Ancora oggi è importante, come dice lo chef Sante Ferro del ristorante La Corale di Verdi " che, indipendentemente dalla scelta, il pane
grattugiato sia fatto in casa con pane raffermo tostato in forno, passato al
setaccio e scottato con un buon brodo”. Lo chef ricorda inoltre che
l’impasto del ripieno sarà pronto quando nel lavorarlo la mano resterà pulita.
Non deve poi mancare in casa lo stampino di ottone che crea anolini regolari di
circa 2 cm
di diametro.
Un po’ di Parma
Piazza
del Duomo, cuore di Parma, è uno
stupendo spazio medioevale delimitato dal Duomo,
dal Battistero e dal Palazzo Vescovile. Il Duomo è un
prezioso esempio di romanico padano: all’interno le navate sono un trionfo di
affreschi, ma è la cupola a dare una forte carica emotiva grazie all’estro del Correggio che ha creato l’illusione
della profondità del cielo dove sembrano fluttuare i personaggi della sua opera
dedicata all’Assunzione della Vergine.
Non da meno sono i bassorilievi sono le decorazioni che impreziosiscono le
pareti del Battistero.
Entrate nel Museo Diocesano, dove tra le numerose opere ammirerete “l’angiolen dal Dom” la statua in rame di
foggia antelamiana, che raffigura l’arcangelo Gabriele. Non perdetevi poi una
visita al teatro Regio (foyer e sala
sono sontuosi) e alla Pilotta con la Galleria Nazionale
e il teatro Farnese, un capolavoro
del Seicento tutto in legno dalle gradinate ai meccanismi del palcoscenico. Concedetevi
due passi nel salotto buono di Parma, piazza
Garibaldi, dove prospettano architetture i cui stili tratteggiano diverse
fasi storiche: come il palazzo del
Governatore (XIII sec.), il palazzo
del Comune (XVII) sec.) e il palazzo
del Capitano del Popolo (XIII sec.) ornato di merli e bifore. E della “Violetta di Parma” ne vogliamo parlare?
Per conoscerne la storia dovete andare al Museo
Italiano della Profumeria (in via Trento) mentre la sua essenza,
declinata in tante versioni, si acquista nelle profumerie del centro.
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