venerdì 19 febbraio 2021

Arabba, lo sci “inforca”

Le incoerenti decisioni che hanno impedito l’apertura degli impianti da sci, hanno scatenato un forte senso di frustrazione e rabbia negli operatori. Il consorzio turistico di Arabba, una delle perle delle Dolomiti, traccia un primo bilancio.


 
I continui rinvii (3 dicembre 2020, 7 gennaio, 18 gennaio e 15 febbraio 2021) con scelte ministeriali che hanno costantemente creato aspettative tra gli addetti della montagna e che sono state puntualmente disattese.

Durante l’inverno il comprensorio di Arabba e della splendida Valle di Fodom dà lavoro a un migliaio di persone e la perdita in termini economici della mancata apertura degli impianti e dell’indotto è valutata in 15 milioni di euro. Va detto che queste località turistiche sono nevralgiche all’interno del sistema Dolomiti SuperSki, il più grande comprensorio sciistico al mondo, che vanta oltre 1.200 chilometri di piste dedicate allo sci alpino.


Ci avrebbe fatto meno male sapere dall’inizio della stagione che non avremmo aperto per tutto l’inverno, perché abbiamo subito oltre un danno economico anche la beffa di una mancata apertura che avrebbe in parte attenuato le perdite di questo malcelato lockdown”.  Questo il commento di Michela Lezuo,Presidente dell’Associazione Turistica di Arabba.

 Nella Valle di Fodom, di cui Arabba rappresenta il centro turistico più noto perché villaggio di transito del noto tour Sellaronda, risiedono 1300 abitanti pari a 563 nuclei familiari che per la maggior parte vivono di turismo e del suo indotto. L’attività economica durante l’inverno richiama da fuori provincia un piccolo esercito di operatori: durante i mesi invernali il comparto impiantistico assume 250 addetti a contratto e quello ricettivo, commerciale e dei servizi turistici supera abbondantemente le 630 unità.

I NUMERI DI ARABBA

In una stagione normale i 3000 posti letto di Arabba vengono coperti con tassi di occupazione altissimi, soprattutto dall’estero: «La percentuale di ospiti sciatori italiani – dice Michela Lezuo - è del 35% quindi siamo una vetrina sul mondo: possiamo vantare un turismo proveniente dai cinque continenti del pianeta».

E a ricordare il valore dell’indotto nell’ecosistema dello sci ci pensano i dati di fatturato dell’area di Arabba: nell’anno solare 2019 il fatturato è stato di 29 milioni di Euro, scesi a 23 nell’esercizio scorso, con un calo di presenze del 30%, valori che non comprendono il giro d’affari del comparto impiantistico.

Ad aggravare la situazione già precaria del comparto ricettivo nelle Dolomiti, è stato l’avvio dei lavori per l’inizio previsto a metà febbraio e l’improvviso blocco alla vigilia dell’apertura: «I nostri operatori ci hanno creduto con grande entusiasmo, investendo decine di migliaia di Euro per la ripartenza ancorché in una stagione troncata sul nascere  - sottolinea Lezuo – e per dare il volume di cosa significhi per un hotel di medie dimensioni riaccendere i motori, è bene ricordare che l’albergatore sostiene spese d'avviamento che variano tra gli 8 e 10 mila Euro. Qui non si tratta più di avere ristori, si devono aggiungere anche gli indennizzi!».


 E con gli impianti chiusi, tutta la filiera ne risente: le prenotazioni pervenute nei giorni scorsi si sono trasformate in disdette per ogni categoria coinvolta, da noleggi alle scuole sci (ad Arabba gravitano circa 40 Maestri di Sci), taxi, bar, ristoranti ecc.

«Tutto ciò ci appare paradossale, perché se da una parte si sostiene che lo sci è veicolo di contagio, per quale ragione si consente a negozi di varia natura di restare aperti? – continua la Presidente del Consorzio Turistico Arabba – “ci chiediamo con che criterio si stabilisce che lo sci sia una attività più a rischio di altre?». Non si capisce la ratio dei locali aperti nelle città durante gli scorsi weekend mai così pieni dall’inizio della pandemia, e dall’altra l’ostinazione di considerare lo sci come una attività ludica che si può cancellare perché inferiore alle altre attività economico-sociali.

«La percezione del valore della montagna pare essere inesistente nella stanza dei bottoni» conclude Michela Lezuo, che si fa portavoce del disagio degli operatori economici di Arabba e della valle di Fodom.


 


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